giovedì 17 settembre 2009

02. Il Futuro

Da quando è esplosa la rivoluzione neolitica, l’uomo ha intrapreso un cammino culturale, che è centrato sull’eterna domanda «Chi deve comandare?». A tale domanda non è stata data ancora l’ultima risposta, ma il processo politico è ancora in corso. Non siamo ancora arrivati alla fine della storia, al punto cioè oltre il quale non è possibile spingerci. Non abbiamo raggiunto lo zenit. Non ci troviamo al capolinea. Ed è una fortuna, perché sarebbe assai triste e deprimente affermare che abbiamo fatto il massimo e che ci troviamo nel mondo migliore possibile. Io invece voglio e riesco ad immaginare un mondo migliore e so che non sono solo. “Senza la prospettiva irresistibile di un futuro migliore, il sistema sociale ed economico si paralizza. In assenza di un grande programma tutti cercheranno di imporre i loro microprogrammi per aumentare il proprio reddito o la propria ricchezza” (THUROW 1997: 282). Ma come sarà questo mondo migliore? Come possiamo immaginarlo?
In una trilogia di opere, Lo choc del futuro (1970), La terza ondata (1980) e La dinamica del potere (1990), l’insigne futurologo, Alvin Toffler, descrive la nostra epoca come una fase di rapidi cambiamenti che costringono l’individuo “ad agire al di sopra della propria gamma di capacità di adattamento” (1988: 349). Il futuro è ciò che l’uomo sarà in grado di costruire in risposta a questo eccesso di stimoli, che lo studioso chiama “choc del futuro”, e rischia di disorientarlo. Dopo aver ammesso che nessuno “può pretendere di avere conoscenza assoluta del domani” (1988: 7), Toffler si limita a notare che il futuro non sarà costruito dall’alto, ma col contributo di tutti. Per lo studioso, la democrazia partecipativa è “non un lusso politico, ma una necessità essenziale” (1988: 485), mentre l’attuale democrazia è destinata a finire: “ci stiamo precipitando verso un tracollo fatale dell’intero sistema di rappresentanza politica” (1988: 494).
Nella seconda opera Toffler, dopo aver illustrato le «tre ondate» che avrebbero maggiormente condizionato la storia degli uomini (la prima ondata è stata la rivoluzione agricola e la scoperta della scrittura, la seconda ondata la rivoluzione industriale e l’affermazione della scrittura di massa, la terza ondata corrisponde alla civiltà postindustriale e alla possibilità della comunicazione telematica, con conseguente abbattimento di ogni barriera spaziale), conclude che “le forze della Terza Ondata sono a favore di una democrazia nella quale il potere sia condiviso dalle minoranze; sono pronte a sperimentare forme più dirette di democrazia” (1987: 559).
I tumultuosi cambiamento della nostra epoca coinvolgono anche la sfera del potere: è questo il tema della terza opera di Toffler. Tradizionalmente, il potere si è correlato con la violenza e il denaro, ma già oggi, e ancora più in futuro, il potere di più alta qualità deriverà dai valori morali, dall’informazione e soprattutto dalla conoscenza (1991: 27): “La conoscenza assolve anche la funzione di moltiplicatore della ricchezza e della forza” (1991: 28).
Alle medesime conclusioni giunge, sia pure con diverse argomentazioni, Enrico Grazzini, secondo il quale, l’irresistibile accoppiata Capitalismo/Democrazia rappresentativa dovrà cedere lo scettro all’economia della conoscenza che, grazie alla diffusione di Internet, sarà alla portata di tutti e creerà le premesse per una partecipazione di massa. Domani tutti potranno accedere all’informazione e ciascuno potrà essere, lui stesso, fonte d’informazione; tutti potranno entrare nella rete e partecipare nei modi più vari e in condizioni di parità e ciascuno potrà essere valutato esclusivamente sulla base delle sue competenze e delle sue abilità.
Alla fine emergerà una nuova classe che sarà costituita di lavoratori della conoscenza o knowledge workers, e questa classe genererà una nuova civiltà, una civiltà creata dal basso e in continuo rimaneggiamento. “L’economia della conoscenza e Internet possono essere considerate come la radice già viva e attiva di una nuova possibile economia post-capitalistica, perché stanno generando un nuovo modo di produrre più efficace di quello capitalistico” (2008: 254). Ma come si presenterà, dal punto di vista politico, questa civiltà del futuro?

02.1. Il XXI secolo sarà americano o cinese?
Dopo un lento tramonto dell’era degli Stati-nazioni, si delineerà, secondo alcuni, l’era dell’«America-mondo», detta anche «Imperialismo delle libertà», perché ruota attorno alle libertà di parola e di religione, oltre che alle libertà dal bisogno (benessere economico) e dalla paura di possibili guerre. Secondo Valladão, nulla lascia presagire un’egemonia mondiale diversa da quella americana ed è certo che “il XXI secolo sarà americano, per la semplice ragione che solo l’America possiede i tre attributi della potenza: militare, economica, culturale. Dopo la disfatta finale dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti non hanno più concorrenti nell’organizzazione della sicurezza planetaria” (1996: 9). Altri (per esempio, Khanna 2009) preconizzano un’era di egemonia cinese.
Il principale limite di queste previsioni è, a mio avviso, quello di muoversi entro i confini di una logica ormai superata dal tempo, la logica di un mondo suddiviso in blocchi, che competono e si contrappongono con alterne vicende. Personalmente intravedo un altro futuro.

02.2. Un capitalismo e una democrazia modificati
In generale, oggi non è in discussione né la democrazia né il capitalismo, ma «questa» democrazia e «questo» capitalismo, e da più parti si chiedono correttivi a questi sistemi.
In un libro molto denso, Raghuram G. Rajan e Luigi Zingales spiegano in modo chiaro e convincente perché il libero mercato sia positivo per l’umanità, ma anche perché esso sia strutturalmente fragile e abbia perciò bisogno del sostegno dello Stato. Lasciato a se stesso, infatti, il libero mercato è instabile e può degenerare “in un sistema di élite, fatto dalle élite e per le élite” (2004: 369), divenendo così scarsamente efficiente e competitivo da rendere necessaria una politica protezionistica. Contro questa tendenza, gli autori suddetti propongono un intervento dello Stato atto a: “garantire che la proprietà non sia concentrata nelle mani di pochi, e che chi la possiede sia capace di utilizzarla in maniera efficiente”; “disporre di una rete di protezione per i disagiati”; mantenere il mercato aperto; informare e coinvolgere il pubblico sui pro e i contro del libero mercato, in modo da scuoterlo dalla sua passività (p. 347).
Secondo i due studiosi, lo Stato deve contrastare gli effetti aberranti del capitalismo, che alla fine risultano controproducenti sia per la democrazia, sia per le persone, sia per il capitalismo stesso. Più in particolare, essi auspicano che un’azienda non debba essere lasciata crescere “al punto tale da suscitare un’influenza sulla politica nazionale ed essere in grado di soffocare le forze del mercato” (p. 350); che si preferisca l’imposta patrimoniale a quella sul reddito in modo da premiare gli imprenditori capaci e dissuadere gli inetti (p. 350-2); che vengano migliorati i sistemi di governance delle società dei capitali, responsabilizzando maggiormente i manager e tutelando maggiormente i risparmiatori (p. 352); che si regoli la successione dei beni in modo tale da evitare l’eccessiva concentrazione della ricchezza (p. 353); che si assicurino le persone, piuttosto che le imprese, in caso di fallimento di un’attività (p. 354).
Ora, mi pare pressoché impossibile attuare tutti questi cambiamenti senza cambiare le regole e gli assetti delle nostre democrazie rappresentative.

02.3. Il Nuovo Mondo
Per quel che mi concerne, ritengo che stiamo attraversando un’epoca di rapide trasformazioni e che sia impossibile prevedere quel che succederà nei prossimi anni: è inutile tentare di prevedere il mondo che verrà. È utile, invece, prefigurarci il mondo che vogliamo e adoperarci per costruirlo, consapevoli che abbiamo i mezzi per migliorarlo o per distruggerlo.
Personalmente sono convinto che la DD costituisca l’unica valida alternativa al capitalismo americano o cinese. Credo anche che la DD sia l’ordine politico migliore possibile, che sia un sistema tecnicamente realizzabile e che comincerà ad affermarsi (ma solo come idea) già nei prossimi decenni e (ma solo come sistema politico loco-regionale) entro il secolo corrente, mentre occorreranno tempi più lunghi per un’estensione a livello mondiale e prima che si possa parlare di realtà consolidata e ovvia.
Oggi la DD non solo è desiderabile, ma è anche realizzabile, l’unico ostacolo essendo la deflessione della volontà. Viceversa, se la volontà non ci abbandonerà, riusciremo ad approdare alla DD, a meno che non ci lasceremo sopraffare dalla paura di non farcela e dalla pigrizia. Oggi non mancano gli uomini di buona volontà. “Sappiamo tutti molto bene che non ci sono quasi più uomini liberi oggi […]. Ma, per fortuna, ci sono ancora parecchi uomini che vogliono essere liberi” (LEONI 1997: 166). Gli amanti della libertà sono distribuiti in modo trasversale in tutti gli schieramenti politici e in tutte le classi sociali. La democrazia conta su di loro e li chiama all’attivismo. I filodemocratici devono uscire allo scoperto e devono affratellarsi indipendentemente dalla classe sociale d’appartenenza. “Una democrazia nuova può nascere solamente da una relazione virtuosa tra mobilitazione dal basso e riforma dall’alto” (FABBRINI 1997: 27-8). Le parole-chiave del nuovo mondo saranno: globalizzazione, federalismo, sapere, disarmo, giustizia, pace, individualismo.
La mia opinione è che l’uomo riuscirà a creare un Mondo Unito, dotato di una lingua mondiale e di un sistema di leggi mondiali, all’interno del quale un numero indefinito di gruppi locali saranno lasciati liberi di darsi regole proprie e al centro del quale si collocherà l’individuo.
“L’Occidente può creare una cultura universale, se rinuncia alle sue bandiere” (MERNISSI 2002: 174). Una di queste bandiere è il calendario. L’Occidente ha imposto al mondo il suo calendario, che inizia a contare gli anni dalla nascita di Cristo. Sarebbe saggio abbandonare questo calendario di parte a favore di un calendario super partes, che inizi a contare gli anni da un evento che appartenga all’umanità intera e non ad una singola cultura: per esempio, la scoperta della scrittura.
Questo nuovo mondo non sarà più costituito da nazioni, partiti, razze o famiglie, bensì solo da individui sovrani e dalle loro comunità locali.
Nel nuovo mondo la democrazia diretta sostituirà il sistema rappresentativo e la ragion di Stato sarà sostituita dalla ragione del singolo.
Il commercio sarà regolato da un unico regolamento mondiale e la cartamoneta sarà completamente sostituita dalla moneta elettronica.
L’informazione sarà illimitata e aperta a tutti, mentre la scuola sarà collegata al mondo del lavoro e durerà tutta la vita, avendo fra i suoi compiti principali non solo la formazione specifica e l’avviamento al lavoro, ma anche l’educazione civica e la promozione dello spirito solidale.
La tecnologia verrà portata ai massimi livelli e la macchina svolgerà molti compiti che oggi sono affidati a burocrati.
La rete telematica consentirà la comunicazione in tempo reale fra gli uomini di tutto il mondo.
Non ci saranno chiese istituzionalizzate, ma solo movimenti religiosi spontanei fondati su interpretazioni personali della fede, in modo da rendere praticamente impossibili i fenomeni di intolleranza di massa e gli scontri fra diverse culture religiose. A ciascun individuo si riconoscerà il diritto ad una vita (ed anche ad una morte) dignitosa, insieme al diritto di partecipare a tutte le questioni di pubblico interesse e alla politica.
Sarà, insomma un «Mondo glocale», nel quale un unico governo federale mondiale potrà convivere con tante realtà locali e all’unica costituzione mondiale corrisponderanno innumerevoli interpretazioni locali della stessa.

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